Considerazioni Metropolitane (cioè fatte in metropolitana)
C’era una bottiglia vuota al centro del vagone. Una bottiglia di birra, in vetro. La marca era tedesca, a me sconosciuta. Ma in realtà questi sono dettagli che solo chi era vicino alla bottiglia poteva percepire. Ciò che invece proveniva dalla bottiglia era il rumore che faceva quando veniva sbattuta da un lato all’altro del treno, con grande disappunto dei passeggeri. Il vetro, quando sbattuto, emette un suono freddo, allarmante, cacofonico, spigoloso, un suono che a tutti gli effetti che provoca un certo fastidio*. Eppure nessuno si muoveva per raccogliere la bottiglia. È comprensibile il fatto che qualcosa di fastidioso provochi come istinto la repulsione e non l’avvicinamento, ma nessuno era preoccupato del fatto che la bottiglia potesse rompersi o potesse essere un pericolo per le persone che salivano sul vagone. Io ero appena affianco la bottiglia, per cui non solo ne percepivo il rumore, ma ne vedevo chiaramente la figura e il movimento. Su e giù, su e giù. Fastidioso e allarmante, fastidioso e allarmante. Però comunque non riuscivo a trovare la spinta per alzarmi e raccogliere lo sfortunato oggetto, abbandonato al movimento di qualcosa che non poteva controllare. Così ho cominciato ad ignorare tutto ciò che proveniva da lei. Ma non è stato un gesto forte, intenzionale. Quando un amico si taglia i capelli in maniera drastica, una scelta libera e repentina che solo lui comprende, inizialmente siamo infastiditi, fastidio che proviene probabilmente dalla non comprensione, ma dopo pochi giorni ci abituiamo e tutto torna alla normalità (passatemi il termine). Ecco si può dire che io, come gli altri passeggeri del vagone, mi sia abituato ed improvvisamente tutto ciò che proveniva dalla bottiglia sembrava familiare, quasi come se non ci fosse.
Non so che cosa le sia successo. Quando si è rotta nessuno se ne è accorto.
*So che ci sono persone che potrebbero gioire di qualunque cosa, quindi a voi amanti del suono del vetro chiedo umilmente scusa.